Il tempo per stare bene

Cari colleghi, scrivo questo articolo durante il periodo estivo, quello dedicato al riposo (o quanto meno ad un tempo molto più diluito per pensare, immaginare, progettare e divertirsi).

Proprio l’estate mi regala il tempo per poter leggere e riflettere con maggior calma. Se avete piacere, vi porto nei miei pensieri…

Immaginate di essere in classe. La vostra programmazione prevede delle attività specifiche per questo giorno. Non appena siete entrati in aula, vi siete accorti che l’atmosfera è tesa, i bambini hanno un tono di voce alto, tendono anche ad essere litigiosi o provocatori nei confronti di alcuni compagni.

Cercate di dare tempo e spazio per capire cosa stia succedendo, ma non se ne viene a capo e voi iniziate a sentire il ticchettio dell’orologio che, inevitabilmente, suggerisce al vostro orecchio che vi dovete sbrigare altrimenti non riuscirete a portare a termine quello che avete in programma.

In quei pochi istanti avvertite dentro di voi la pressione dell’istituzione, della sua parte burocratica, che vi spinge verso una risoluzione che ha delle conseguenze poco proficue, da ogni punto di vista.

L’attività parte, i bambini cercano di seguirvi ma quella disarmonia iniziale è fedele compagna del vostro tempo.

Le espressioni del vostro viso parlano, senza filtro alcuno, di come state vivendo anche voi questa giornata a scuola. Si è attivato un loop, un circolo vizioso, e interromperlo sarà impresa alquanto dura, se non impossibile.

Il tempo a vostra disposizione è scaduto. Ora vi avviate verso la porta, dove incontrate il /la collega e passate letteralmente il testimone.

Non so voi, ma a me è capitato spesso e volentieri di vivere giornate del genere. Ho avvertito quel senso del dovere che mi ha sempre suggerito di svolgere comunque l’attività per via di un tempo che non è infinito.

Un giorno mi sono rifiutata di essere così diligente e ho ascoltato i bambini e le loro esigenze. Ho fatto qualcosa che, personalmente, non ho mai visto fare a nessuno (sempre in virtù del fatto che durante l’ora di lezione….si debba fare lezione). Ho deciso di portare i bambini in giardino e siamo stati lì, per tutto il tempo. Li ho osservati molto attentamente. La quasi totalità di loro si è lanciata in corse sfrenate, segno di una forte necessità di liberarsi. I bambini erano ancora “carichi” e inclini al litigio. Dopo circa una mezz’ora il comportamento ed il ritmo delle loro azioni sono cambiati, rallentati. Si stavano rilassando. Avevano buttato via ciò che covava dentro di loro, creando disagio. Alla fine del nostro tempo che avevamo a disposizione, erano tutti sparpagliati, seduti a scavare o costruire casette per animali. I litigi erano scomparsi. La quiete, dentro di loro, era tornata. Abbiamo capito senza troppi giri di parole che occorre dare spazio alle esigenze del nostro fisico e del nostro stato emotivo. Da quel momento in poi, abbiamo dato spazio a degli accordi presi tutti insieme. Siamo partiti da ciò che sentivano come esigenza per stare bene, conciliando con l’impegno di portare avanti alcune attività. Il nostro migliore alleato, indovinate un po’ chi era? Ebbene sì, il timer! Prima ci siamo concentrati sugli accordi da stabilire tutti insieme, poi abbiamo usato uno strumento imparziale che ci ha aiutato a rispettarli. Cosa importante, non abbiamo mai creato condizioni rigide, ma sempre flessibili e rispettose delle esigenze di un determinato momento. Se avevamo bisogno di altri 10 minuti, ce li siamo presi con tutta la serenità di questo mondo.

Questo è avvenuto anche in classe. Quando mi sono accorta che le energie erano ben terminate, ci siamo presi la libertà di giocare, disegnare, chiacchierare. A volte, mi sono accorta che si dedicavano lo stesso a giochi costruiti appositamente per imparare.

C’è chi può pensare che così sprechiamo un giorno o delle ore di scuola. Non è così. Impariamo a prenderci il tempo necessario per stare bene. Che senso ha avanzare, seppur rallentando o adattando, se non c’è un equilibrio che permette di seguire e agire in modo positivo?

Le emozioni giocano un ruolo essenziale nella nostra vita. Noi docenti di scuola primaria (e ancor più dell’infanzia) abbiamo un compito delicatissimo che è quello di guidare i bambini alla scoperta di loro stessi e di quei processi che si innescano nel momento in cui entrano in relazione con gli altri.

Sia i documenti ufficiali, come le Indicazioni Nazionali, che gli studi delle neuroscienze ci dicono che non possiamo prescindere dalle emozioni. Lavorano in stretto contatto con la parte del nostro cervello che è destinata alla presa di decisioni. Come possiamo lasciare che un orologio e un’agenda fatta di attività e contenuti possano dettare legge?

Se le condizioni non ci sono, occorre avere il coraggio di stravolgere tutto, smontare lo schema e fare appello alla creatività. 

Ci sono realtà in cui questi episodi non sono poi così rari. In quei casi, si deve accettare il contesto ed essere disposti a puntare la progettazione su obiettivi che chiamano in causa la relazione. Possiamo usare tutti gli strumenti che vogliamo, anche le materie di scuola, per permettere la condizione ottimale di partenza: l’equilibrio emozionale e relazionale.

Alla scuola primaria abbiamo il vantaggio di avere a  disposizione cinque anni per raggiungere un obiettivo che è quello di costruire una piccola comunità che adotta alcuni tra i più importanti valori prosociali, quali la solidarietà e l’aiuto reciproco, e che unita, progetta, crea, studia, approfondisce, scopre, impara, cresce.

Vi lascio con una piccola frase che vuole essere il mio augurio di un felice nuovo anno scolastico!

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